Paolo Burani
Torino, 13 ottobre 2021
Lo scopo di questa mia brevissima relazione è quello di darvi un’idea dell’ambiente, della storia, della gente di Cavriago, il luogo in cui si è formato ed è cresciuto il bambino Giuseppe Dossetti ed il giovane Giuseppe Dossetti.
Nato nel Febbraio del 1913 a Genova, Dossetti arriva a Cavriago all’età di 3 mesi, in seguito all’acquisto da parte del padre, farmacista, della farmacia del paese.
Cavriago è a quel tempo un piccolo paese a 8 Km da Reggio Emilia, che non arriva a contare cinquemila abitanti, da sempre famoso nelle cronache storiche reggiane per il carattere impulsivo e vivace della sua gente (forse per essere stato luogo di confine tra Reggio e Parma, un paese “senza padroni”, pensate che fino al 1828 le due parrocchie erano in due diocesi diverse). E’ proprio questa “tradizione di ribelli” che si rinnova sul finire del secolo 19°, con l’adesione di contadini ed operai del paese al movimento socialista. La provincia di Reggio Emilia a quel tempo era una terra povera, dedita soprattutto all’agricoltura. Era una terra da cui si emigrava.
E così rimase fino agli anni ’50. Da Cavriago molte persone partirono per gli Stati Uniti e la Francia. Proprio in Francia a Parigi nacque poi la Fratellanza Reggiana che diede aiuto e rifugio a molti antifascisti cavriaghesi durante il ventennio. Le idee socialiste si diffusero anche nelle campagne grazie all’impulso di Camillo Prampolini , colui che diceva che “Gesù è stato il primo socialista della storia”, e che faceva leva sul sentimento religioso delle popolazioni rurali per diffondere il suo Vangelo laico.
Nel 1908 le elezioni Amministrative per il Comune di Cavriago, vedono per la prima volta la vittoria del Partito Socialista, che rompe la storia dei sindaci notabili di matrice liberale. Era la conclusione di vent’anni di lotte, di iniziative a favore di operai e contadini, e di opere sociali.
Ma anche l’ambiente cattolico cavriaghese era tra i più attivi e vivaci della diocesi di Reggio Emilia. Alla fine dell’800 e nei primi anni del XX° secolo nell’altra parrocchia del paese, S.Nicolò (non in quella in cui visse Dossetti, che è S.Terenziano), nacque il Sindacato Agricolo Cattolico, la Cassa Rurale, la Società Operaia Cattolica, per opera dell’arciprete don Pacifico Vellani, che interpretò nel miglior modo le esortazioni della “Rerum Novarum” di Leone XIII. La parrocchia di S.Nicolò veniva soprannominata per questo “il Vaticano”.
L’Amministrazione socialista rispose con la costruzione dell’asilo, delle case popolari, del macello pubblico, dell’acquedotto, della ferrovia di collegamento con Reggio.
Insomma, citando le parole del sindaco dell’epoca, Cesare Arduini, Cavriago era un paese in cui diveniva sempre più reale il costituirsi di due fronti. (“A Cavriago o si è socialisti o si è Clericali”). Le battaglie politiche erano all’ordine del giorno, condizionavano la vita delle famiglie, erano all’origine anche di profonde divisioni sul posto di lavoro, nella scuola, nelle associazioni. Ma la meta era comune a cattolici e socialisti: il riscatto delle classi più deboli e disagiate della popolazione. Era una gara al riconoscimento di diritti, ad un avvenire migliore per sé e i propri figli.
Ma torniamo a Dossetti. La sua casa si trovava proprio dietro alla Chiesa di S.Terenziano. Nella stessa casa al piano terra vi era la farmacia condotta dal padre. Anche da un punto di vista urbanistico, il ragazzo Dossetti si trova al centro dello scontro politico-ideale tra Chiesa e Stato. La piazza del paese divide infatti il Municipio e la Chiesa di S.Terenziano, uno di fronte all’altra.
Luoghi significativi nella memoria di Dossetti, legati ad avvenimenti e personaggi, che ne hanno influenzato la formazione religiosa e morale. Dossetti riceve i Sacramenti nella Chiesa di S.Terenziano, in cui è parroco don Giuseppe Bozzani, e dove tornerà nel 1959 per la prima messa in terra reggiana dopo essere stato consacrato sacerdote. E da quel Municipio, che è di fronte, Dossetti parlerà all’indomani della guerra nel 1945. E in quella piazza , ora piazza Angelo Zanti, partigiano, verrà più volte per i suoi “storici” comizi.
La parrocchia di S.Terenziano dove Dossetti viene avviato all’educazione cristiana, non è una parrocchia vivace. Credo che in questa realtà Dossetti abbia avuto modo di osservare, di fare esperienza, di una Chiesa lontana dai problemi della gente, in cui l’attività pastorale si fermava ai riti religiosi. Nonostante questo aveva un buon ricordo del parroco don Giuseppe Bozzani, uomo molto colto. Così come ricordava e viveva con sofferenza l’essere accomunato ad una classe abbiente essendo figlio del farmacista, che insieme al parroco, al medico condotto, i maestri di scuola, i commercianti, ed ai proprietari terrieri, formavano l’èlite del paese. Vi era allora un certo distacco con gli altri bambini che provenivano da famiglie di operai e contadini, come ha testimoniato don Angelo Cocconcelli.
In quel frangente storico accanto alla violenza psicologica e morale che subiva un cattolico, ( si veniva tacciati dalla gente quando si andava a messa, insultati, denigrati) in un paese a maggioranza socialista e anti-clericale, ben presto Dossetti fece esperienza anche di cosa voleva dire la violenza fisica, anche se in modo indiretto. Scoppiò la 1° guerra mondiale, la morte entrò in molte case del paese, la sofferenza e la miseria si diffusero ancor più. Dossetti segue la madre, Ines Ligabue, nel suo servizio di assistenza ai più poveri, come “dama della S.Vincenzo”. E’ l’esperienza della solidarietà, della condivisione comunitaria.
Poi il ragazzo Dossetti cresce. La sua adolescenza è segnata dall’avvento del fascismo. A Cavriago lo scontro è violentissimo. Nel ’21 vengono uccisi i primi anti-fascisti. E’ il primo maggio, e la manifestazione organizzata dai socialisti e comunisti in piazza, finisce nel sangue. Ricorda il fratello Ermanno quando portarono nella farmacia ormai morenti per un primo soccorso Andrea Barilli e Primo Francescotti. Nello stesso anno molti socialisti del paese passano nelle schiere comuniste. La corrente massimalista era forte e molto attiva a Cavriago. Ricordo che nel 1919 un ordine del giorno del Circolo socialista di sostegno ai Sovietisti russi venne pubblicato sull’Avanti e fu citato da Lenin nel corso di un Comitato centrale dei Soviet a Mosca (da lì poi la storia del busto a Cavriago nel 1970).
Dopo il 1922 il clima diventa ancora più teso e carico di violenza. Il mondo cattolico in cui vive Dossetti è sempre più ritirato e dimesso; anche dove vi era un minimo di organizzazione tutto viene sopito in un lungo sonno, a volte frutto di acquiescenza.
Il giovane Dossetti ha modo anche nella sua stessa famiglia di vivere la ricchezza , la diversità di idee, di comportamenti, di fedi che riscontra nell’ambiente esterno. Il padre , Luigi, di origini piemontesi, di temperamento laicizzante e sostanzialmente agnostico, aveva una certa diffidenza nei confronti della politica; il bisnonno materno Paolo Ligabue era medico condotto a Barco frazione del comune di Bibbiano, a 4 chilometri da Cavriago ; il nonno materno, Ettore Ligabue, che visse anche lui a Barco, era anti-clericale, e come ricorda lo stesso Dossetti, aveva un grande ritratto di Garibaldi sopra il letto, non il crocifisso. Si era sempre impegnato politicamente, come sindaco di Bibbiano in una giunta clerico-moderata, e poi per diversi anni come consigliere comunale di Cavriago nelle file prima della maggioranza clerico-moderata e poi nella minoranza che si oppose ai socialisti , ed infine assessore nella prima giunta fascista nel 1923; lo zio materno, Medoro Ligabue, era poi un noto avvocato penalista, anarchico e anti-clericale, definito per la sua abilità oratoria “artiglio della dialettica”; la madre Ines era la vera guida spirituale del ragazzo Dossetti, sia con l’esempio di una vita cristiana coerente, sia con l’attenzione all’educazione religiosa dei propri figli.
Nel 1929 Dossetti si trasferisce con la famiglia a Reggio Emilia. Qui fa conoscenza con una Chiesa rimasta molto attiva nell’educazione dei ragazzi e dei giovani. Fondamentale il suo legame con don Dino Torreggiani e la frequentazione dell’Oratorio di San Rocco (don Dino che diverrà nel dopoguerra il prete degli zingari, dei sinti, dei circensi e di cui si è avviato anni fa il processo diocesano per la causa di beatificazione). Don Dino anche lui con legami con Cavriago, di madre cavriaghese. Qui nell’Oratorio di S.Rocco incontrerà e farà amicizia con diversi giovani che saranno poi tra i quadri dirigenti della Democrazia Cristiana reggiana nel dopoguerra.
Torniamo a Cavriago. La famiglia Dossetti, conservò una casa a Cavriago, tornerà poi ogni estate “a far campagna”. E poi vi si trasferirono di nuovo, nei giorni della seconda guerra mondiale, dal ’42 al ’45, come sfollati. In questo periodo Dossetti, ormai docente universitario, rivede i vecchi amici, i vecchi compagni di scuola. Alcuni di loro sono stati arrestati, hanno fatto il carcere; alcuni sono andati all’estero (soprattutto in Francia come dicevo) per sfuggire alle persecuzioni. E’ in questa fase ,che precede l’esperienza della Resistenza, che riannoda i legami con Cavriago. Si instaura un dialogo profondo con persone che hanno idee, fedi, diverse dalla sua. Pur in una visione antropologica opposta, ancora una volta è comune la meta: l’amore per la libertà, la giustizia, la democrazia. E’ l’esperienza dell’ascolto, del confronto leale, della comprensione delle ragioni degli altri..
La politica entra sempre più nella vita di Dossetti. Gli studi universitari, l’esperienza di laico nella Chiesa reggiana, e poi ora, la riflessione politica, sulla democrazia, sulle strutture di una nuova società da creare dopo il “nulla” del regime fascista.
Poi lo snodo centrale della sua vita: il coinvolgimento nella Resistenza, ancora una volta con Cavriago come punto di partenza. Diventa figura di riferimento della Resistenza cattolica nella zona della Val d’Enza di cui fa parte Cavriago. A Cavriago risiedono alcuni dei massimi dirigenti comunisti e tra i capi della Resistenza reggiana come Onder Boni, futuro segretario provinciale del PCI, Angelo Zanti fucilato poi nel gennaio del 1944; era poi sfollata a Cavriago Nilde Iotti. A Reggio Emilia l’amico d’infanzia don Angelo Cocconcelli è uno dei fondatori del CLN provinciale ed è il collegamento di Dossetti con i partigiani cattolici. Si ritroveranno in montagna nel febbraio del ’45 a Quara, dove c’è il comando dei partigiani cattolici delle Fiamme Verdi, nella parrocchia di don Enzo Bonibaldoni (cavriaghese e futuro Giusto tra le Nazioni per il suo aiuto agli ebrei).
A Cavriago terrà poi il primo discorso pubblico dopo la Liberazione. Inizia il suo impegno politico nella DC. E a Cavriago riserverà sempre l’ultimo comizio delle varie campagne elettorali a cui prese parte. Con i cavriaghesi non si poteva fingere, era sempre un momento della verità.
Negli anni giovanili, Cavriago ha dato a Dossetti, pur nella piccola vita di paese, il respiro dei grandi rivolgimenti storici. Questo microcosmo specchio di avvenimenti nazionali (ma non solo come abbiamo visto), ritorna a forgiare Dossetti, questa volta il Dossetti politico. A Cavriago incontrava i problemi vissuti, le ideologie nelle loro realizzazioni e nella sperimentazione quotidiana. Trovava persone che non risparmiavano critiche, osservazioni; che le sofferenze della vita avevano reso “concrete”, non disposte all’inganno, non disposte al compromesso.
Come disse Dossetti nel febbraio del 1988, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria da parte del Comune di Cavriago: “direi che ho fatto l’Università della vita a Cavriago”.
L’esperienza della solidarietà, della comunità, della sofferenza, della povertà, nella Cavriago tra le due guerre.
L’esperienza della prima parrocchia, della Chiesa Cattolica, del cattolicesimo impegnato nel sociale, nella Cavriago delle parrocchie di S.Terenziano e S.Nicolò.
L’esperienza del socialismo, del comunismo, del fascismo, dell’impegno politico dei cattolici, della Resistenza, nella Cavriago “politica”, nella Cavriago della seconda guerra mondiale, e nel dopoguerra, in una comunità che viveva i drammi della storia.
L’esperienza con gli uomini, con le loro miserie e le loro virtù, le violenze e le bontà, la vita e la morte, nella gente di Cavriago.
Queste radici profonde, tutto ciò che è venuto dopo nel corso della sua intensa vita, hanno portato Dossetti a queste parole pronunciate all’età di 75 anni, che voglio condividere con voi a conclusione del mio intervento.
Nella parte finale del suo discorso a Cavriago nel 1988, ci ha lasciato un messaggio forte, che abbiamo poi colto quando insieme ad altre istituzioni abbiamo creato il Premio per la pace a lui dedicato nel 2006. Ci chiese un impegno singolo e collettivo per diffondere la cultura della pace e della solidarietà tra i popoli. Ed è poi un messaggio di assoluta attualità politica visto quello che sta accadendo in Europa e nel mondo.
“Il vostro e nostro interesse per i grandi problemi, gli accesi dibattiti che hanno sempre caratterizzato e spero continuino a caratterizzare la vita del nostro paese, in fondo, il guardare a grandi orizzonti. (…) (“Questa esperienza nella comunità paesana di Cavriago”). … mi ha abituato poi, con altri fattori che si sono inseriti dopo (gli studi, la consapevolezza della vita civile, della vita politica del mondo e tante altre cose) mi ha inserito in vaste correnti, mi ha abituato a guardare lontano (…). E anche a considerare sempre un atteggiamento di ascolto , di rispetto per coloro che sono diversi da noi. E mi ha aiutato ad avere in fondo un senso di solidarietà senza confini. (…). Quindi questa accoglienza e questo rispetto dell’altro, del diverso, di colui che magari ci contrasta non solo nelle nostre idee, nei nostri gusti profondi…Grande rispetto, grande solidarietà, fare spazio con grande lealtà, con senso di responsabilità e quindi inevitabilmente con spirito di pace profonda. (…) Non è solo la pace che non è guerra o che allontana l’ombra del nucleare distruttivo dell’umanità. Non è solo questa la pace che bisogna auspicare, bisogna andare più avanti e trovare con tutti gli uomini una vera solidarietà profonda, di spirito. A mio parere impossibile a realizzarsi in una sua integralità se non in una visione cristiana della vita, ma comunque tutti, in qualunque posizione siamo e da qualunque visione antropologica partiamo, dobbiamo educarci a questo spirito di universalità e di pace profonda che chiede sempre un grande sacrificio nella nostra realtà. Il contatto con un altro uomo specialmente se un uomo diverso per razza, per costumi, per religione è un contatto che non ci può lasciare indifferenti, non ci può lasciare come eravamo prima di quel contatto. Ci deve trasformare, altrimenti non è vera accoglienza, non è spirito di pace, non è spirito lasciatemelo dire, di vera fraternità umana e tanto meno di carità cristiana”.