In un’epoca di mancate riforme, approcci eccessivamente teleologici e fideistici, la storia ci insegna che negli anni intensi, tragici e radiosi insieme della fine degli anni Sessanta e il debutto dei Settanta si realizzò qualcosa di molto importante per la società italiana.
La nascita dello Statuto dei lavoratori, la Legge 300 del 1970, è stato il risultato di un lungo percorso che ha arricchito e migliorato i rapporti e le regole di convivenza democratica partendo da una delle dimensioni base della vita, il lavoro.
Con questi presupposti il di Alessandro Parola saggio dello storico cuneese, ricco ed elaborato, «Quando l’operaio diventa cittadino. Statuto dei lavoratori: una storia di diritti» (Edizioni Lavoro), ricostruisce i passaggi fondamentali che portarono all’importante traguardo civico e democratico.
La ricerca dello storico cuneese nasce grazie al giacimento prezioso e ricco conservato della Fondazione Carlo Donat-Cattin, promotrice dello studio. Grazie alla copiosa e inedita documentazione l’autore ha valorizzato il patrimonio di idee e azione politica di una dei protagonisti della storia dell’Italia repubblica dentro un contesto storico di profondi cambiamenti.
Oggi che il mondo del lavoro è cambiato, la società plurale e multiculturale sprona cittadini e rappresentanti della Polis a ripensare un nuovo contratto sociale. Lo Statuto dei lavoratori rappresentò allora e per molto tempo, tra luci e ombre, un simbolo dell’inclusione sociale che i governi parlamentari del centrosinistra vollero riconoscere. Per questo oggi lo Statuto andrebbe studiato, conosciuto e rinnovato, aggiornato dal legislatore e metabolizzato dalla società civile, adattandolo al mondo attuale che dei principi fondamentali di dignità e rispetto della persona, inseriti nella Legge 300, ha ancora bisogno.