Cinquant’anni fa per iniziativa di un gruppo di politici, sindacalisti, esponenti delle Acli e della Cisl usciva il primo numero di Settegiorni il settimanale voluto da Carlo Donat-Cattin in un momento critico per la storia del movimento cattolico, alle prese con la contestazione giovanile, con una delle crisi della Dc (che ne avrebbe mutato il modo di essere), con un cambiamento di costumi epocali sottolineati dall’esito dei referendum sul divorzio e l’aborto.
Il tentativo di non lasciarsi travolgere dagli avvenimenti, e di coniugare la Storia con i valori del Cristianesimo democratico costituì la base per un tentativo editoriale durato sette anni, che resta di grande importanza, perché coinvolse esponenti provenienti dall’intera area riformista. Esso interpretò i fermenti del cattolicesimo post-conciliare cercando di sviluppare il dialogo con il mondo socialista e con quello laico. Il settimanale fu diretto da Ruggero Orfei e Piero Pratesi. La veste grafica e giornalistica, moderna e ricca di immagini e vignette, fu realizzata da Michele Torre, con la collaborazione di Paolo Donat-Cattin.
La storia del settimanale non fu agevole: molti gli estimatori, moltissimi i critici nell’ambito ecclesiale. Oggi, a cinquant’anni di distanza è lo stesso quotidiano della Cei, l’Avvenire, che con un interessante articolo di Giovanni Tassani ha voluto ricordare quella vicenda nel numero di domenica 18 giugno. E’ un significativo riconoscimento implicito del lavoro di quei protagonisti del nostro giornalismo, che, sebbene non tutti legati alla corrente di Forze Nuove, ne erano compartecipi dello sforzo messo in atto.
Una vita difficile, resa precaria anche dagli inevitabili problemi finanziari che erano propri di tutti gli organi di stampa non compresi tra quelli che godevano del finanziamento dello Stato, che tuttavia è stata scuola per molti giovani politici di allora e di poi, in grado di coniugare, come mai più dopo, cultura, fede e strategie politiche.