di Giorgio Aimetti – 30 aprile 2018
La triste notizia della scomparsa di Giovanni Galloni ci coglie proprio in queste settimane nelle quali ormai si accerta la fine di una fase politica importante della seconda repubblica.
Questi sono giorni che mostrano con grande chiarezza che nessuno è stato in grado di adempiere a uno dei compiti più importanti ricoperti dalla Democrazia Cristiana quello di favorire il dialogo tra diverse forze politiche. Nessuno, nei due decenni seguiti allo scioglimento dello scudo crociato, si è mostrato in grado di trovare con la mediazione tra diversi gruppi sociali e tra le diverse forze politiche di maggioranza e di opposizione, quell’intesa necessaria per evitare il declino del paese.
Galloni se n’è andato in silenzio, più che novantenne: era un personaggio importante per la storia dei cattolici democratici; era anzi uno dei leader che avevano accompagnato il partito in due fasi difficili della storia della repubblicana.
Fu decisivo il suo ruolo, dapprima, negli anni che precedettero il tramonto del centrismo, quando ci furono sussulti pericolosi per la stessa stabilità della nostra democrazia: allora si aprì la strada al centro-sinistra dell’alleanza tra Dc e socialisti. E fu importante il suo contributo quando, in un’altra fase difficile, seguente al referendum sul divorzio e culminata con il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro, si rese necessaria quella politica della “solidarietà nazionale” che, pur confermando la diversità dei ruoli ricoperti dalla Dc e dal Pci, consentì di superare una situazione di stallo che rischiava di sfociare nell’ingovernabilità.
Più volte segretario della Dc, ministro della Pubblica istruzione, Galloni era amico di Donat-Cattin, benché il suo progetto politico non fosse coincidente con quello di Forze Nuove.
Nel confronto dialettico tra gli esponenti della sinistra democristiana Galloni era certo, con Granelli, il leader della base che, più cercava di fare sintesi tra le posizioni di chi guardava soprattutto alle intese partitiche e quelle di chi cercava invece di valorizzare il ruolo dei cattolici nel mondo del lavoro. E questo atteggiamento aveva favorito tante convergenze, tante scelte comuni della sinistra DC nei congressi degli anni 60 e 70.
Con Donat-Cattin condivideva il rispetto e l’amicizia per Aldo Moro e questa coincidenza di sentimenti e politica dava anima al ruolo dei cristiani democratici e sociali. Il declino di quella strategia fu certo uno dei motivi che portarono alla fine dello scudocrociato.
La Fondazione Donat-Cattin ricorda con lui un grande amico ed invia ai suoi familiari le più sentite condoglianze.