La Fondazione Carlo Donat-Cattin
augura
un sereno Natale e un anno nuovo di pace

«Pace… È il sogno meraviglioso di ogni anima inquieta, di ogni cuore stanco, di ogni popolo in lotta».

È con queste parole – scritte da una studentessa di quinta elementare nell’aprile 1946, in occasione del primo anniversario della Liberazione dal nazifascismo – che abbiamo deciso di aprire i nostri auguri di Natale e di un sereno 2025.

La pace vista attraverso gli occhi di una bambina nata e cresciuta sotto il fascismo, ma sorprendentemente capace di proiettarsi in un futuro all’insegna della democrazia, della libertà e dell’armonia tra i popoli.

Chissà quali parole userebbero i bambini di oggi per dare voce alla distruzione e agli orrori che si manifestano davanti ai loro occhi, in un un mondo sempre più dominato da quella che il cardinale Matteo Zuppi ha definito una vera e propria “pandemia”. Uno scenario di focolai di guerre, apparentemente minori o locali ma in realtà tessere di un unico angosciante mosaico, che ci interrogano rispetto alle responsabilità e all’attuale paralisi di quegli organismi internazionali sorti dalle ceneri di due guerre mondiali quali presidi di prevenzione e risoluzione dei conflitti.

Secondo il Global Peace Index, sono 56 i conflitti armati in corso, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale. Dal Medio Oriente all’Ucraina, dallo Yemen al Sudan, dall’Etiopia ad Haiti, sino ai luoghi lontani dai riflettori.

Pace, dunque. Una parola contesa, quasi un tabù in un’epoca come la nostra, segnata dalla normalizzazione della guerra e dal ritorno di una retorica bellicista.

Un concetto più che mai necessario oggi – ci ricorda la storica Arianna Arisi Rota (Pace, il Mulino, 2024) – ma che, ancora prima di poterlo realizzare, occorre saper immaginare: pensare come qualcosa di possibile.

Tema di una bambina di V elementare del 1946 (Fondo Democrazia Cristiana – Sezione di Ciriè)

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