Venerdì 3 febbraio, il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Carlo Donat-Cattin ha nominato Mariapia Donat-Cattin nuova Presidente. A lei il compito di proseguire il mandato portato avanti con passione, impegno e sacrificio per tanti anni dal fratello Claudio recentemente scomparso. A Mariapia Donat-Cattin gli auguri di buon lavoro da parte del Consiglio di Amministrazione, del Comitato Scientifico, dei dipendenti e collaboratori tutti della Fondazione.
Il saluto di Mariapia Donat-Cattin
Nella seduta del 3 febbraio, il CdA della Fondazione Carlo Donat-Cattin ha scelto me come sua Presidente. Non ho mai nemmeno immaginato di ricoprire questo ruolo. Ma spesso la vita ci sorprende e ci pone di fronte a responsabilità inaspettate. Ho subito avvertito che, per quanto mi pesasse succedere a mio fratello, non potevo e non dovevo tirarmi indietro, Giorgio Aimetti, biografo di Carlo Donat-Cattin e grande amico di Claudio, ha saputo cogliere meglio di tutti nelle ultime parole che ha pronunciato in chiesa alla fine della funzione religiosa, il significato di una scelta difficile e dolorosa insieme.
Caro Claudio, io credo che nessuno di noi, che abbiamo condiviso parte della vita con te, possa dimenticare l’entusiasmo, la forza del tuo impegno. La passione totale che lo ha caratterizzato. Per ciascuno di noi, dimenticarlo, fare un passo indietro sarebbe, credo, il modo per darti l’ultima delusione, l’ultimo dispiacere.
Mio fratello ha concluso il suo cammino terreno poco dopo che la Fondazione aveva compiuto trent’anni, lasciando un’eredità importante e delle proposte progettuali da perseguire e completare. Questo è il primo impegno che mi accingo ad assolvere con l’aiuto della piccola ma forte squadra che opera nella Fondazione a cui va tutta la mia stima e il mio ringraziamento.
Ma c’è dell’altro. In una delle nostre ultime conversazioni avevamo riflettuto intorno alla necessità di rinnovarci e di quanto tutto questo fosse, sì molto complicato ma, non impossibile. Avvertivamo entrambi che stavamo attraversando un’epoca di grandi cambiamenti e di forti tensioni. Nella quale gli strumenti interpretativi, che erano serviti in un passato anche recente a decodificare la realtà, andavano rivisitati se non abbandonati. Che occorrevano nuovi paradigmi interpretativi capaci di cogliere la complessità del presente e di intravedere il futuro. Eravamo altresì entrambi convinti che questo non implicava fare piazza pulita del passato, perché senza il radicamento nella tradizione forte e viva che aveva animato l’impegno dei nostri padri non avrebbe potuto esserci un futuro fatto di libertà, giustizia sociale e democrazia per le nuove generazione e che dunque su questo doppio binario avremmo dovuto muoverci e operare come Fondazione.
Concludo.
Claudio aveva delle doti straordinarie anche nel modo di rapportarsi agli altri, era un vulcano di idee, era veloce, efficace, efficiente, persuasivo. Ma soprattutto era un punto di riferimento per tutti noi familiari, collaboratori e amici. È per questo che in questo momento ci sentiamo tutti un po’ smarriti e più soli.
Ebbene, anche se non sono lui, sento di poter affermare che anche io, come Claudio, ho imparato da mio padre che non bisogna mai riposare sugli allori e che, se anche il mare è in tempesta, e questi sono tempi di tempesta, bisogna con tenacia e coraggio tenere la barra a dritta e continuare a navigare.