La strage di Piazza della Loggia
nelle parole di Carlo Donat-Cattin.
Cinquant’anni dopo 

In occasione del cinquantesimo anniversario della strage di Piazza della Loggia a Brescia, ripubblichiamo il testo dell’intervento che Carlo Donat-Cattin pronunciò su quella vicenda lo stesso 28 maggio 1974, alla Camera dei deputati, appellandosi ai valori della Costituzione e della Resistenza e indicando con estrema lucidità la matrice dell’attentato e le già evidenti responsabilità di corpi deviati dello Stato.

Il 2 giugno successivo, il settimanale “Settegiorni” – nato negli ambienti della sinistra sociale della Dc e attualmente oggetto di un progetto di digitalizzazione e ricerca della Fondazione – pubblicava un articolo intitolato Di strage in strage: i nazisti a Brescia, a firma di Alberto Papuzzi, che attribuiva all’eversione neofascista l’organizzazione e la realizzazione della strage.

CAMERA DEI DEPUTATI SULL’ATTENTATO DI PIAZZA DELLA LOGGIA A BRESCIA

Seduta del 28 maggio 1974, tratto da C. Donat-Cattin, Discorsi parlamentari 1958-1991, vol. 1, a cura di G. Aimetti, presentazione di P.F. Casini e introduzione di F. Malgeri, Camera dei deputati, 2006, pp. 786-788.

L’attentato di Piazza della Loggia a Brescia avvenuto pochi giorni dopo il referendum sul divorzio, ripropone il tema del terrorismo di destra. Tra le varie interrogazioni che animano il dibattito che sulla tragedia si tiene a Montecitorio c’è anche quella del capogruppo democristiano Piccoli. Donat-Cattin insieme con gli altri parlamentari che appartengono alla sua stessa corrente democristiana, quella di Forze nuove, chiede al Governo quali iniziative intenda adottare. Egli interviene per manifestare la sua parziale soddisfazione sulle dichiarazioni del Ministro dell’interno Taviani. La relativa insoddisfazione, aggiungerà, riguarda l’opera del passato quando l’iniziativa del Governo non sembrava affatto adeguata alle necessità.

In particolare Donat-Cattin critica la scarsa o nulla vigilanza sulla presenza di armi ed esplosivi in Italia. Parla delle notizie di stampa che accusano di corresponsabilità in quel commercio di taluni esponenti delle forze dell’ordine. Protesta per l’impunità della quale godono le violenze fasciste e auspica la ricerca di responsabili di alto livello, mentre ci si limita a perseguire, nella gran parte dei casi, solo gli esecutori degli atti terroristici.

Donat-Cattin. Signor Presidente, onorevoli colleghi, aggiungerò poche considerazioni a quelle che sono state svolte dal capogruppo della democrazia cristiana, onorevole Piccoli, perché in particolare chi, come noi, ha militato nel campo sindacale è stato colpito da sgomento più profondo, non soltanto per ciò che nasce dal terribile colpo dell’eccidio di Brescia, ma per l’accentuazione che viene dalle notizie riguardanti amici di lotta politica e sindacale. In questa sede, tuttavia, quello che interessa è il giudizio politico. È un atto bieco, in una lotta criminosa, di chi si sente vicino alla sconfitta. Il popolo italiano ha dimostrato in questi giorni una grande maturità democratica, e così si risponde; i sindacati dei lavoratori dimostrano, in un momento di difficoltà economica e sociale, una grande responsabilità e una grande capacità di lotta, e così si risponde. Ma noi pensiamo che non si possa rispondere impunemente così. L’onorevole ministro dell’interno ci ha edotti sull’azione repressiva: i rinvenimenti di armi, di esplosivi, i fermi di uomini (che poi, magari, vengono rimessi in libertà nonostante l’emersa colpevolezza) interessanti il Bresciano ed altre zone della Lombardia. Noi lo incoraggiamo su questa strada, ma riteniamo che sia, tuttavia, assolutamente incomprensibile la ridondante disponibilità di armi e di munizioni che, nonostante questi ritrovamenti, continua ad essere riscontrata nel nostro paese. In altro periodo, all’indomani di una guerra che aveva disseminato per l’Italia quantità enormi di mezzi di distruzione, fu possibile il disarmo di coloro i quali avevano combattuto; anche di quelli che, magari, per quegli stati d’animo che talvolta si contraggono nelle lotte accese come fu la lotta partigiana contro i fascisti ed i nazisti, potevano pensare di mantenersi una qualche riserva per il timore – che poi non si dimostra del tutto ingiustificato – che il fascismo potesse tentare di voler tornare. Da qualche anno, invece, assistiamo ad un’ondata che attraversa il paese, di circolazione di esplosivi, di armi, di ogni genere di tali prodotti. Talvolta occhieggiano dalle cronache dei giornali corresponsabilità di questure, di ufficiali, di sottufficiali, di altre persone; e poi si perdono rapidamente le tracce di queste cose, senza che si riesca mai ad individuare…

[De Martino. Sono definiti «collezionisti di armi»!]

Donat-Cattin. Senza che si riesca mai – dicevo – ad individuare le «collezioni» di vario genere, senza che si riesca mai ad individuare, sul piano della giustizia, dei precisi fatti contro i quali procedere, delle precise imputazioni in base alle quali andare avanti.

Dobbiamo sottolineare, quindi, che in tale sovrabbondante circolazione di armi, nella impunità di molte violenze fasciste, vi è un solo caso nel quale si sia tentato di risalire ai mandanti, quello di Piaggio della «Rosa dei venti». Tutt’al più, quando si sono messe le mani sopra qualcosa, ci si è limitati agli esecutori e non si è mai andati più in alto degli stessi.

Onorevole Quilleri, lo Stato non è che funzioni se aumenta le pene o se le rende anacronistiche; lo Stato funziona se arresta ed assicura alla giustizia, con le punizioni che il suo ordinamento prevede, i colpevoli, esecutori e mandanti. È in questa direzione che noi chiediamo, in nome degli stessi ideali della Costituzione e della Resistenza, di veder chiaro fino in fondo: perché lo Stato democratico non sia incrinato, perché lo Stato democratico non veda ridotte le sue possibilità di vita per opera di quegli strumenti e di quei corpi che dovrebbero servirlo.

In questi limiti, possiamo prendere atto delle dichiarazioni del Governo, con una relativa soddisfazione e con una dose di insoddisfazione, che non vuole essere sfiducia, ma vuole essere incitamento a camminare su una strada lungo la quale non ci è parso che, per il passato (ed ancora nelle indicazioni di un episodio che giunge al culmine della crisi, in una provincia in cui la tensione è montata giorno per giorno, attraverso parecchi episodi), ci si sia davvero incamminati. Domani i lavoratori esprimeranno, con uno sciopero generale, un’alta, sdegnata e civile protesta. Noi ci sentiremo con loro, saremo con loro, ma con una pazienza che non credo sia illimitata.

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