a cura di Margherita Boffano
Ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Questo l’ultimo messaggio che, alle 10:10 dell’11 settembre 1973, Salvador Allende, asserragliato nella Moneda, consegna alla radio mentre in sottofondo gli aerei dei golpisti bombardano il palazzo presidenziale. Alle 14, viene trovato morto: si chiude così il sogno del governo di Unidad popular e della “via cilena al socialismo”.
A cinquant’anni da quegli eventi, la Fondazione ha deciso di realizzare, come prosecuzione ideale del progetto Un giorno ci strapparono la libertà. Cinquant’anni dal golpe in Cile, frutto della collaborazione con altri istituti partner del Polo del ’900, uno speciale dedicato al colpo di Stato del 1973 e al suo impatto, in Italia, sulla politica, sul dibattito pubblico e sulla stampa di area cattolica.
Contributi di Chiara Brunetti, Giuseppe (Pino) Di Salvo, Marta Gentile, Luigi Giorgi, Guido Panvini, Marcello Reggiani.
Hanno collaborato Rachele Di Santo, Luca Rolandi.
A chiusura dello speciale, le novità librarie «50° anniversario del golpe cileno», estratto dal IV Bollettino trimestrale 2024, a cura di Maria Schirripa, responsabile della Biblioteca della Fondazione.
Democrazia, riforme e politica nei partiti di ispirazione cristiana
La Dc e il cattolicesimo democratico italiano di fronte al golpe cileno
L’Italia è sempre stato un Paese che ha avuto risonanze interne molto forti dagli avvenimenti internazionali sia per la sua posizione geopolitica – che la poneva sul difficile confine con un Paese comunista, la ex Jugoslavia, per un periodo direttamente legato all’Unione sovietica – sia per la presenza, al suo interno, di culture politiche forti che avevano strutturato una pervasiva presa sociale e politica, nonché economica, sul tessuto del Paese. Inoltre, esse, pur tra differenze sostanziali sia in un campo sia nell’altro, si riconoscevano in riferimenti internazionali diametralmente opposti, così come espressi nel mondo spaccato a metà della Guerra fredda.
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Le reazioni del cattolicesimo politico italiano di fronte al golpe cileno
Intervista a Guido Panvini, a cura di Luca Rolandi
L’11 settembre del 1973 è stato sicuramente un evento globale: un avvenimento che, pur essendo capitato in un determinato contesto geografico, ha avuto però ripercussioni in tutto il mondo. L’esperienza di governo di Unidad popular e ancora di più la sua fine violenta e drammatica furono un evento spartiacque nella storia dell’America latina e nella storia del mondo.
In età contemporanea, il continente latinoamericano – non a caso – anche per questo motivo è stato generalmente considerato dagli storici contemporanei un «laboratorio delle utopie dell’Occidente» e questo è vero non soltanto secondo l’aspetto politico, con i vari modelli rivoluzionari che si susseguirono negli Sessanta e Settanta, come la Cuba di Castro, il Cile di Allende o i sandinisti in Nicaragua. Anche la storia religiosa, infatti, vede emergere, proprio in questi anni, l’America latina proprio come un modello a cui attingere, come un luogo di sperimentazione e di avanguardia.
Conciliare fede religiosa e militanza politica. L’eco dei Cristianos por el socialismo nell’Italia degli anni Settanta
di Marcello Reggiani
Gli eventi del Cile sono un vero e proprio spartiacque per la storia del cattolicesimo politico e sociale italiano, che aprono una serie di problematiche cui le diverse componenti di quel mondo rispondono in maniera molto diversa.
C’è la componente più progressista, quella che possiamo individuare nella sinistra democristiana o in quell’arcipelago di comunità, sigle, gruppi e movimenti che si richiamano a un’interpretazione più radicale dei cambiamenti introdotti dal Concilio Vaticano II e che guardano con estrema preoccupazione agli eventi cileni, dandone una spiegazione diametralmente opposta.
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Nella fotografia, Eduardo Frei, in una foto del giugno 1964: firma l’accettazione della candidatura del suo partito alle elezioni presidenziali. Sarà eletto. Alle sue spalle (con gli occhiali) Radomiro Tomic, il leader dell’ala progressista del partito, che fu poi candidato alle presidenziali del 1970. (Settegiorni n. 325, 23 settembre 1973)
L’eco del golpe cileno nella stampa cattolica italiana
di Chiara Brunetti
Nonostante la lontananza geografica che separa l’Italia dal Cile e le profonde differenze storiche tra questi due paesi, il colpo di stato militare che, l’11 settembre 1973, rovesciò il governo democratico di Salvador Allende animò un intensissimo dibattito in Italia. Quello italiano per il Cile era un interesse che andava oltre l’attenzione internazionale che il paese andino aveva ottenuto con la vittoria elettorale del partito di Unidad Popular in quanto «test per la “via democratica al socialismo”» e precedeva il 1970.
Il legame tra i due paesi era percepito come un “filo rosso” che li univa, un filo intrecciato di analogie principalmente politiche: «nel sistema dei partiti cileno quello italiano si rispecchia pienamente e i nostri tre partiti di massa (democristiano, socialista e comunista) registrano antiche solidarietà con i loro corrispettivi cileni».
L’interesse italiano per il Cile non si limitò al mondo politico: l’eco del golpe non si esaurì nei dibattiti delle aule parlamentari o nelle discussioni interne ai singoli partiti, ma suscitò una mobilitazione straordinaria in tutta la società civile.
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Massacro di una democrazia. Lo sguardo di “Settegiorni” sul golpe cileno
Intervista a Pino Di Salvo, a cura di Luca Rolandi
Gli eventi del Cile sono un vero e proprio spartiacque per la storia del cattolicesimo politico e sociale italiano, che aprono una serie di problematiche cui le diverse componenti di quel mondo rispondono in maniera molto diversa.
C’è la componente più progressista, quella che possiamo individuare nella sinistra democristiana o in quell’arcipelago di comunità, sigle, gruppi e movimenti che si richiamano a un’interpretazione più radicale dei cambiamenti introdotti dal Concilio Vaticano II e che guardano con estrema preoccupazione agli eventi cileni, dandone una spiegazione diametralmente opposta.
Il golpe cileno in “Settegiorni”
A una settimana dal golpe
…E venne il golpe, «Settegiorni», 16 settembre 1973, n. 324, pp. I-VII
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Radiografia di un colpo di stato
Massacro di una democrazia, «Settegiorni», 23 settembre 1973, n. 325. Nei fotogrammi di copertina alcune scene colte nelle vie di Santiago tra martedì 11 e domenica 16 settembre 1973
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La scelta della democrazia.
La Dc e il golpe cileno
Dopo il Cile la sinistra italiana s’interroga, «Settegiorni», 30 settembre 1973, n. 326
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Lungo le strade di Santiago. I manifesti di Unidad popular, abbecedario del popolo cileno
di Marta Gentile e Margherita Boffano
La stagione di Unidad Popular diede un forte impulso a tutte le arti, dalla letteratura, al cinema, alla musica e alla pittura di strada, a partire dalla profonda esigenza di cultura del popolo cileno che «finalmente sentiva di essere il vero protagonista di una nuova storia». Tale “rivoluzione” artistica favorì la nascita di un rapporto di vera e propria osmosi tra popolo ed élites politico-culturali, celebrato dallo slogan El pueblo tiene arte con Allende, dipinto sui muri e riprodotto sugli striscioni in testa ai cortei che sfilavano per le strade di Santiago e Valparaíso.
In tale contesto, la produzione di manifesti politici si inserisce come espressione artistico-visiva della militanza e della resistenza popolare cilena, capace di condensare in una sola immagine – grazie all’immediatezza della sua forma che integra verbale e visivo – le battaglie vinte e quelle ancora da conquistare. La specificità di questo mezzo espressivo è infatti quella di essere vivo e partecipe degli avvenimenti, “abitando” i muri delle città e rendendosi parte integrante della lotta.
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Le nuove acquisizioni librarie a 50 anni dal golpe del Cile
di Maria Schirripa
Mezzo secolo è trascorso dall’oscura pagina della storia cilena segnata dal colpo di stato del 1973. I libri sono custodi della verità e della memoria di quel tragico evento. Attraverso pagine intrise di testimonianze, analisi e riflessioni, autori di tutto il mondo hanno dato voce alle vittime, alle lotte e alle conseguenze di quel giorno che ha segnato indelebilmente il destino del Cile. Questi libri non sono soltanto racconti del passato, ma sono strumenti potenti per comprendere il presente e costruire un futuro migliore. Attraverso di essi, generazioni successive possono esplorare le complesse dinamiche politiche, sociali ed economiche che hanno condotto al Golpe e alle sue conseguenze durature. Ogni pagina è un monito contro l’oblio, un invito alla riflessione critica e un tributo alla resilienza del popolo cileno. In questo anniversario, più che mai, i libri continuano a essere faro di conoscenza e strumento di giustizia, illuminando il cammino verso la verità e la memoria storica.
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